L’IFEL il 24 aprile con una sua nota torna sul tema della disciplina TARI inerente i rifiuti speciali a seguito di due recenti interventi del Ministero dell’economia e delle finanze.
L’intervento cerca di superare le perplessità che da tempo attanagliano gli operatori del settore circa l’incidenza delle previsioni normative e risulta prezioso perché distinguendo le varie fattispecie offre chiare linee interpretative.
Si parte dalla disciplina contenuta in due commi della legge n.147 del 2013: il comma 649 e il comma 682.
Andiamo in ordine
Il comma 649 dispone “Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto nella determinazione della superficie assoggettabile a TARI quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. Con regolamento il Comune disciplina le riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati e sempre con regolamento individua le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all’esercizio di dette attività produttive, ai quali si estende il divieto di assimilazione.
Emergono tre fattispecie
La prima quella relativa ai rifiuti speciali non assimilabili perché provvede il produttore sono i c.d. rifiuti tossici che sono di diritto detassati purché si provveda alla comunicazione dei medesimi costituendone un preciso obbligo.
La seconda quella inerente ai rifiuti speciali assimilati va detto che l’assimilazione opera solo attraverso un regolamento con il quale si prevede la riduzione della parte variabile della tariffa.
Per questa tipologia va richiamata anche il disposto della Suprema Corte recentemente intervenuto ( 13 marzo 2015 n.5047) che riconosce come un’eventuale omissione da parte del Comune non preclude il diritto del contribuente al riconoscimento della riduzione.
La terza relativa ai magazzini funzionalmente ed esclusivamente collegati ad aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili richiede sempre l’intervento del regolamento per individuarle ai fini dell’estensione del divieto di assimilazione introducendo così una deroga al presupposto impositivo, riconoscendo l’esclusione per aree dove normalmente non si producono rifiuti speciali non assimilati.
I magazzini sono stati costantemente ritenuti assoggettabili dalla giurisprudenza a Tari, e lo sono stati anche ai fini Tarsu e Tares.
Altrettanto prezioso sul punto l’intervento dell’Anci Emilia Romagna, che ha fornito indicazioni ai Comuni al fine di omogenizzare i regolamenti comunali, svolgendo una serie di precisazioni relative ad aree di produzioni di “rifiuti speciali non assimilabili”, al termine “merci” , alla limitazione del non assoggettamento, alle “materie prime”, alle “aree dei magazzini non destinati allo stoccaggio delle materie prime e delle merci di cui sopra, ivi comprese le aree dove vi è presenza fisica”.
Per tali ragioni ha proposto al MEF una disposizione che riportiamo “Per i produttori di rifiuti speciali non assimilabili agli urbani non si tiene altresì conto della parte di area dei magazzini, funzionalmente ed esclusivamente collegata all’esercizio dell’attività produttiva, occupata da materie prime e/o merci, merceologicamente rientranti nella categoria dei rifiuti speciali non assimilabili, la cui lavorazione genera comunque rifiuti speciali non assimilabili, fermo restando l’assoggettamento delle restanti aree e dei magazzini destinati allo stoccaggio di prodotti finiti e di semilavorati e comunque delle parti dell’area dove vi è presenza di persone fisiche”.
Il comma 682, invece stabilisce che “Con regolamento……il comune determina……l’individuazione di categorie di attività produttive di rifiuti speciali non assimilati alle quali applicare, nell’obiettiva difficoltà di delimitare le superfici ove tali rifiuti si formano, percentuali di riduzione rispetto all’intera superficie su cui l’attività viene svolta”.
Emerge la fattispecie relativa alle riduzione per zone di produzione promiscua di rifiuti speciali e rifiuti speciali assimilati.
In tal caso proprio con il regolamento dovrà essere indicata per ciascuna categoria la rispettiva percentuale di riduzione, che ovviamente dovrà essere diversa per ciascuna categoria individuata, stante la diversa quantità di rifiuti speciali producibile.
La nota IFEL infine, a tale proposito, chiarisce che siffatta ipotesi non è applicabile nel caso in cui sia possibile individuare specifiche aree dei locali dove è possibile dimostrare una produzione, in via continuativa e prevalente, di rifiuti speciali, nel quale caso si dovrà procedere alla detassazione di tali porzioni dei locali, fermo restando l’assoggettamento pieno delle restanti superfici.
Un lavoro necessario e prezioso che tuttavia fa comprendere la difficoltà di apprezzare fino in fondo una tematica che ha bisogno di chiarezza.
Massimo Fieramonti

LA LEGGE DI STABILITÀ 2016: LE NOVITÀ FISCALI IN EVIDENZA
marzo 29, 2016
TARSU: erogazione contributi istituti scolastici
gennaio 12, 2015
ICI: rettifica del classamento proposto da contribuente
aprile 07, 2014
Inquilini con TASI a zero
marzo 24, 2014
Decreto TASI
marzo 04, 2014
La Fondazione Logos P.A. su Italia Oggi – venerdi’ 18 ottobre
ottobre 22, 2013